6 luglio 2018 h 22.00
piazzale Galleria degli Uffizi – Firenze

Altro film del regista: // Il dottor Stranamore //

Fantascienza e/o distopia
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Non potevo mancare, non potevo lasciarmi sfuggire quest’occasione: vedere un film che amo (quest’anno compie cinquant’anni) in un posto che amo.
2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, in programmazione, nell’ambito della rassegna “Apriti Cinema – Estate Fiorentina 2018”, su un grande schermo posto nel piazzale della Galleria degli Uffizi.
Prima visione in America nel mese di aprile del 1968, in Italia nel mese di dicembre dello stesso anno.

La partecipazione al duplice evento (commemorazione del film e ricordo della giovinezza) comportava un po’ di sacrificio, dal momento che l’inizio della proiezione era previsto alle 22.00 e il film dura tantissimo: sarebbe finito in piena notte.
Non è un grande sacrificio: le notti estive sono belle.
D’altra parte era un’occasione unica; quando capiterà di nuovo? Tra cinquant’anni?
Posso rivedere questo film quando voglio, sul televisore di casa o sul computer (ho il DVD), ma non sul grande schermo, non nel piazzale degli Uffizi, non fra tante persone che, per essere in quel momento in quel posto, dimostrano di condividere l’amore per il cinema e l’amore per Firenze.

La colonna sonora è portentosa (anche divertente, allegra); lo è ancora di più con lo scorcio della Galleria degli Uffizi, in una calda notte estiva, sotto il rettangolo perfetto (su tre lati) ritagliato nel cielo dai due corpi di fabbrica laterali e da quello più corto che li collega, un rettangolo di cielo a U (lo schermo è disposto in direzione del lato corto, verso l’Arno), solcato da una nuvola trasparente e, nel buio, punteggiato di stelle.
C’è un momento, nel film, in cui l’immagine sullo schermo è molto simile a quella che vedevo guardando in alto; sembrava di trovarsi sull’astronave diretta verso un punto misterioso nello spazio dalle parti di Giove, guidata dal computer di bordo HAL 9000, troppo perfetto per poter ammettere di avere sbagliato un calcolo: contraddizione logica – per essere perfetto dovrebbe poter ammettere di avere sbagliato, se ha sbagliato non è perfetto, anche se lo ammette.

Quando progetteremo un viaggio nello spazio guidato da un computer, dovremo essere certi che lo strumento a cui ci affidiamo abbia acquisito il concetto base della scienza sperimentale: non è possibile una misura priva di errori, non esiste un software o un hardware privi di bug.

Sembrava di trovarsi su un’astronave, ma noi siamo su un’astronave.
Oltre a ruotare intorno al Sole e intorno al proprio asse, donandoci queste splendide notti, la Terra si muove, insieme a tutto il Sistema Solare, verso un punto nello spazio, guidata … non sappiamo da chi, o da che cosa.
La guidano le leggi della Fisica: l’attrazione gravitazionale, la Teoria della Relatività, la Meccanica Quantistica.
Chi ha deciso queste leggi? Quale Assemblea Costituente dell’Universo si è riunita per decidere, a maggioranza assoluta, che F=m•a , che E=m•c(al quadrato), che la mela cade sulla testa di Newton e non si perde nello spazio come Frank, il copilota del film? Non si sa, non lo sapremo mai finché siamo a bordo dell’astronave. Dopo? Chissà!

Forse, alla fine del viaggio – viaggio collettivo, arrivo individuale (come diceva Fabrizio De André: «Quando si muore, si muore soli») – ciascuno di noi troverà se stesso nelle due fasi limite dell’esistenza, come nel film, alla fine del proprio tempo e all’inizio, nella cellula uovo fecondata, poi nell’embrione che lo portò tra i viventi.

Non ho visto il film interamente, ma so da cinquant’anni, forse un po’ meno, come va a finire; avevo un orario massimo di rientro stabilito dalle ferrovie dello stato, che prevedono un ultimo treno in partenza da Firenze in direzione di Pisa alle 00.40 (il successivo è alle 4.30 del mattino).
L’alternativa sarebbe stata prendere la scatoletta a motore, parcheggiarla a Firenze, rientrare a qualunque ora. È una soluzione che non mi piace: utilizzare l’automobile per lo svago mi intristisce. Voglio sentire le gambe e i piedi muoversi sulla strada, non le braccia sullo sterzo, stancare i muscoli, non i nervi, guardarmi intorno, non fisso davanti.
Così ce l’ho fatta a vedere il film fino al rientro di David nella navicella spaziale, alla cancellazione della memoria di HAL, al proseguimento del viaggio, dopo l’annuncio registrato della scoperta di una nuova forma di vita intelligente nell’Universo.

Anche così, con questa interruzione, è stato bello (non è necessario che le cose siano perfette) vedere tante persone, tanti giovani, a mezzanotte seduti sugli scalini intorno alla piazza, accovacciati per terra, per un film che è stato concepito e realizzato quando loro non erano ancora stati concepiti e tanto meno realizzati, un film che ancora oggi è in grado di farci intuire qualcosa sul nostro destino nell’Universo.
Bellissimo sentire la colonna sonora, portentosa, da piazza Signoria, mentre mi portavo a passi svelti verso Santa Maria Novella, per non perdere l’ultimo treno disponibile per il rientro.

Nel pomeriggio, prima di trovare posto sui sedili, davanti allo schermo, con largo anticipo (l’affluenza a queste proiezioni è notevole, l’accesso gratuito), ho assistito, no, partecipato, nel Palazzo Strozzi, a The Florence Experiment – un progetto di Carsten Höller e Stefano Mancuso.

Gli ideatori e realizzatori dell’esperimento sono un artista e uno scienziato (neurobiologo). Si sono proposti di verificare l’interazione tra le piante e gli esseri umani.
L’artista ha progettato la struttura che consente di svolgere l’esperimento: un gigantesco scivolo chiuso, come un serpentone, alto venti metri, nel cortile di Palazzo Strozzi, fino al secondo piano. In realtà pare che siano due scivoli che s’intersecano (The Florence Experiment Slides), ma, da sotto, è difficile distinguerli.

Prima parte dell’esperimento: i visitatori hanno la possibilità, volendo, di farsi una discesa sullo scivolo, assumendosi la responsabilità della scelta mediante apposizione di un timbro sulla mano: se stai male e vuoi scivolare dal secondo piano di Palazzo Strozzi sono “fagioli” tuoi.
Perché ho citato i fagioli? (di solito si fa riferimento a un altro vegetale, sfruttando un’assonanza che ha avuto grande successo). Perché alcuni degli scivolatori, scelti a caso, portano con sé una piantina di fagiolo.
La piantina viene poi consegnata a un gruppo di giovani scienziati (suppongo assistenti di Mancuso), che ne misurano i parametri fotosintetici e le molecole emesse.

Confesso che all’inizio, dopo il primo entusiasmo, ci si sente un po’ ridicoli a scivolare su un enorme scivolo portando con sé una piantina di fagiolo.
Ma poi si pensa ai titoli dell’ideatore scientifico dell’esperimento e ci si sente quasi orgogliosi e sicuramente divertiti, partecipi, anche perché lo scivolo, imponente, è molto bello da vedere.

Scendendo la velocità aumenta, ma quando si comincia a preoccuparsi, dopo la seconda curva, manca poco e si è arrivati.
Vediamo i titoli scientifici.
Stefano Mancuso è professore all’Università di Firenze, dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV). Su YouTube, per chi è interessato, ci sono diversi video delle sue lezioni, delle sue conferenze e dei suoi esperimenti.
Ha scritto molti libri.

Il professor Mancuso ha dimostrato, con vari esperimenti e riprese video al rallentatore, che le piante hanno una vera e propria cognizione dell’ambiente in cui vivono e sono capaci di interagire in modo sorprendente con gli altri viventi, per esempio con l’uomo.
Il termine “cognizione”, usato dallo scienziato, mi sembra eccessivo, ma è solo una prima impressione, una reazione istintiva, o, meglio, una reazione causata da un cumulo di pensieri pregressi. Sull’argomento, per il momento, mi astengo.

La seconda parte dell’esperimento (Plant Decision-Making Based on Human Smell of Fear and Joy) utilizza due sale cinematografiche, due parallelepipedi di vetro chiusi; in una sono proiettati spezzoni di film horror, nell’altra spezzoni di film comici.
L’aria emessa dagli spettatori viene convogliata, attraverso una serie di condotti, sulla facciata esterna del palazzo Strozzi, dove crescono piante rampicanti (glicine) su strutture a forma di Y. Su un braccio della Y viene spedita l’aria proveniente dalla sala horror, sull’altro l’aria proveniente dalla sala comica.
Si ritiene che questi due tipi di aria contengano sostanze che hanno un “odore” diverso percepito dalle piante: l’odore della gioia e l’odore della paura.
Di conseguenza, i due rami dei glicini dovrebbero reagire producendo sostanze diverse, dovrebbero prendere “decisioni” diverse riguardo allo sviluppo.
In sostanza, l’ipotesi da verificare credo sia la seguente: i rami del glicine tendono ad allontanarsi dall’aria della paura e ad avvicinarsi a quella del divertimento.
L’esperimento è in corso dal 19 aprile al 26 agosto.
Sulla facciata di Palazzo Strozzi si vedono queste piantine che, attualmente, non presentano differenze visibili a occhio nudo.

Se fosse verificato, in sede di valutazione dei risultati, che le piante si sviluppano meglio se ricevono l’aria “comica” – ma non credo sia questo l’obiettivo dell’esperimento (“Processo decisionale delle piante, basato sull’odore umano della paura e della gioia” è il titolo) – vorrebbe dire che dobbiamo ridere per far sviluppare bene il mondo vegetale intorno a noi; dunque la risata potrebbe essere utilizzata come fertilizzante ecologico: vedremmo i contadini ridere allegramente mentre lavorano nei campi.
Naturalmente sono andato troppo avanti, ma nulla vieta di giocare.
Siccome, però, si tratta di due esperimenti scientifici, non posso fare a meno di notare dei punti che non mi convincono, pronto a cambiare idea se i risultati confermeranno l’ipotesi di partenza.

Primo punto: il contatto tra la piantina e la persona sullo scivolo è troppo limitato nel tempo per determinare conseguenze importanti sul metabolismo della pianta.
Ho dimenticato di dire che la prima parte dell’esperimento prevede il confronto tra le piantine che hanno viaggiato sullo scivolo in compagnia di esseri umani, le piantine che sono state fatte scivolare da sole, le piantine che non hanno fatto quest’esperienza. Vedremo, ma credo non siano avvenuti grandi cambiamenti nel mio metabolismo per il fatto di essere sceso utilizzando un mezzo alternativo alle scale e che questo valga anche per le piantine (che, comunque, da sole, difficilmente avrebbero potuto utilizzare le scale).
Si sarebbe potuto misurare qualche sostanza prodotta da quel po’ di ansia vissuta da me, e forse anche dalla piantina che viaggiava con me, prima dell’arrivo, ma è la stessa ansia causata da mille situazioni della vita quotidiana di tutti gli esseri viventi: vedere una macchina avvicinarsi pericolosamente mentre attraversiamo la strada, avvertire un erbivoro in avvicinamento (ammesso che alle piante dispiaccia essere mangiate come a noi essere arrotati).

Secondo punto: gli spezzoni di film “horror” (per esempio Shining, con il grande Jack Nicholson) erano troppo brevi per fare veramente paura. Un film horror fa paura non per una particolare scena – vista con distacco, separata dalle altre, ogni scena può essere interessante, curiosa, perfino divertente, non paurosa – ma per la storia raccontata e per la capacità del regista di creare gradualmente una tensione montante. Io, per esempio, ho rivisto con simpatia il volto stralunato di Jack Nicholson che si scagliava con un’ascia contro la porta dietro la quale era nascosta la moglie. Se avessi visto il film dall’inizio, certamente avrei spedito al glicine aria “de paura”, perché Kubrick è un grande regista ed è capace di far salire gradualmente la tensione.
Gli spezzoni di film comici facevano ridere, ma erano anch’essi troppo brevi, si passava da un tipo di comicità a un altro completamente diverso (da Mr Bean a Fantozzi) in modo brusco, anche qui senza nessuna costruzione.
Forse l’intento era di andare incontro a un pubblico vario, tendenzialmente internazionale, ma i rapidi passaggi davano fastidio.

L’obiezione più importante è la seguente: secondo me, pronto a cambiare idea dopo il 26 agosto, le piantine di glicine dovrebbero ricevere solo l’aria proveniente dai film comici o dai film horror per poter attribuire gli eventuali cambiamenti del loro metabolismo, o le loro “decisioni” sul tipo di sviluppo, sull’orientamento dei rami, unicamente all’aria che hanno ricevuto.
Dal momento che queste piantine sono messe all’esterno, il loro sviluppo, il loro metabolismo, le loro decisioni riguardo alla crescita, dipendono non solo dall’aria che ricevono attraverso i condotti a Y, ma anche dalle sostanze prodotte dall’ambiente, dall’illuminazione, dall’umidità; troppe variabili sono in gioco.
Certamente, se si dimostrasse che, non in qualche caso, ma sempre (attenzione a non ignorare i risultati che contraddicono l’ipotesi di partenza), indipendentemente dalla posizione, più o meno favorevole allo sviluppo, sempre i rami di glicine rifuggono dall’odore della paura e sono attratti dall’odore dell’allegria, o viceversa, le mie obiezioni perderebbero consistenza.
Se poi, come spero, questo esperimento dimostrerà che le piante si sviluppano meglio se ricevono aria emessa da gente che ride, avremo imparato che sulla nostra astronave – diretta chissà dove, guidata, forse, da qualcuno, speriamo meno permaloso di HAL 9000 (non passa giorno che non gli rinfacciamo qualche errore) – se vogliamo sopravvivere dobbiamo ridere.

Immagino i governi del mondo, presa coscienza di questa scoperta scientifica, impegnati a dirottare i finanziamenti per gli armamenti sulla produzione di film comici; l’ora di film comico inserita all’interno della giornata lavorativa e nei programmi scolastici; corsi universitari sulla produzione di comicità istituiti dalle Università più importanti.
Vedremo questo slogan campeggiare sui principali edifici delle città: – Noi abbiamo bisogno delle piante, le piante hanno bisogno del nostro divertimento. Divertiamoci perché l’umanità possa sopravvivere –

I risultati della prima parte della ricerca (piantine di fagiolo scivolanti da sole o accompagnate) si trovano al seguente indirizzo: https://www.palazzostrozzi.org/i-risultati-di-the-florence-experiment/.
Posso dire che siano tali da convincermi della fondatezza scientifica di questo esperimento? No.
Però credo che i visitatori, o i partecipanti, si siano divertiti.
Anche questo è importante.
Lo scivolo dentro palazzo Strozzi era molto bello.

Sulla seconda parte (Plant Decision-Making Based on Human Smell of Fear and Joy) non ho trovato risultati.
Ammetto di essermi impegnato poco nella ricerca.