1 dicembre 2018 h 22.30
Cinema Odeon Pisa – piazza San Paolo all’Orto

Animazione
// Il ragazzo e l’airone // Penguin Highway // Lightyear: la vera storia di Buzz // Il Grinch // Mirai // L’isola dei cani //

Umorismo (fa bene ridere)
// Romeo è Giulietta // La Primavera della mia vita // Il discorso perfetto // Una famiglia mostruosa // Mandibules // Odio l’estate // Jojo Rabbit // Tolo Tolo // Il colpo del cane // Stan & Ollie // Moschettieri del re // Il Grinch // Achille Tarallo // L’incredibile viaggio del fachiro // Favola // Una festa esagerata // Metti la nonna nel freezer // Come un gatto in tangenziale // The Disaster Artist // C’est la vie: prendila come viene //

Sono andato a vedere questo film perché mi piace l’animazione, ma anche perché volevo fare il confronto tra la versione del Grinch che sta girando nelle sale e quella del 2000, con la regia di Ron Howard e l’interpretazione di Jim Carrey.
Era la prima versione cinematografica del libro del dott. Seuss (pseudonimo di Theodor Seuss Geisel); precedentemente c’era stato un musical a Broadway.
Titolo originale: Dr. Seuss’ How the Grinch Stole Christmas.
Provo a tradurre: Come il Grinch rubò il Natale, del Dr. Seuss.
Potenza del genitivo anglosassone!
Il lettore inglese associa subito a quell’apostrofo il concetto: ciò che segue appartiene, anche in senso lato, al Dr. Seuss.
Il “proprietario” è messo in testa alla frase – questo è molto importante – non alla fine con una virgola che potrebbe sfuggire, cambiando completamente il senso.
Anche l’apostrofo potrebbe sfuggire, ma, secondo me, è più evidente della virgola.

Il Grinch mi piacque al punto da indurmi a cercare la videocassetta (nel 2000 c’erano ancora le videocassette) in lingua originale, in modo da liberarmi da una traduzione del testo un po’ banale (dott. Seuss scrive in versi) e sentire la vera voce di Jim Carrey, dopo avere ammirato le prodigiose abilità trasformiste ed espressive del suo volto pesantemente truccato, del corpo coperto da una folta peluria verde che faceva intravedere una massa informe in zona pubica (il cartone animato della versione attuale è piatto in quella zona).

È questa la trasformazione più evidente del Grinch attuale: sono state di molto ridotte le sue caratteristiche animalesche, che gli davano un forte appeal nei confronti di Martha, ex compagna di classe, ormai divenuta adulta e desiderosa di accasarsi.
Non le bastava vincere ogni anno la gara di luminarie, sparandole con un cannone-mitragliatrice che riempiva il suo balcone di luci sfolgoranti e lasciava a bocca aperta la vicina di casa.
Martha stava per sposare Augustus – il sindaco del paese di Chinonsò (Whoville: la città dei chi), dove si svolge il racconto – una specie di Trump ante litteram, munito di una elaborata capigliatura, ex bullo dei tempi in cui andava a scuola insieme al Grinch, incapace di accettare il diverso, anzi fermamente deciso a perseguitarlo in tutti i modi, a fargli scherzi crudeli, ad allontanarlo dalla comunità di quei beoti degli abitanti di Chinonsò; praticamente il ritratto di Trump (che, a quei tempi, chissà in quali affari era impegnato).

I coglioni abitanti di Whoville (basti dire che avevano eletto Augustus) si scambiavano continuamente regali e diventavano completamente pazzi di consumismo in occasione delle festività natalizie.
Nella versione italiana gli abitanti si chiamavano Nonsochì, in inglese semplicemente Whos (= i chi), il che conferma ciò che già sapevamo: l’italiano è una lingua bella, l’inglese è una lingua sintetica e “plastica”.

Augustus, il sindaco di Chinonsò, che non faceva una bella figura nel film del 2000, è stato eliminato nella versione attuale; forse non solo a me salta agli occhi la somiglianza, fisica e caratteriale, con Trump.
Sarebbe bastato disegnarlo con il ditino perennemente alzato per farlo diventare uguale spiccicato al (sigh!) presidente degli Stati Uniti.

Da piccolo, a scuola, il bullo era riuscito a mettere in ridicolo il Grinch, l’elemento estraneo, il “brutto anatroccolo”: persino la maestra se la ridacchiava sotto i baffi quando i compagni lo prendevano in giro.
Brutto davvero, però dotato di altre qualità. Per esempio la straordinaria capacità di costruire congegni meccanici (un vero Leonardo Da Vinci), una grande forza e il famoso sex appeal, che si evidenzia quando, in occasione del Natale, viene convinto dalla bambina Cindy a rompere l’isolamento e si catapulta, dalla cima della montagna dove si è rifugiato, nella piazza principale di Whoville piena di gente, finendo lungo disteso su Martha, che non sembra dispiacersi, con la faccia appoggiata al suo seno.

Precisiamo: non era un porno il film con Jim Carrey – era rivolto principalmente, ma non in modo esclusivo, ai bambini – però conteneva, pur essendo in parte un film di animazione, vari riferimenti alla vita reale; per questo era divertente per tutti e utile per i bambini, come sono utili le favole feroci e piene di cose materiali in cui l’autore è riuscito a inserire la metafora della vita.

Sfogliando in libreria i libri per bambini, per capire dove va questo genere letterario, mi sembra di avere colto una tendenza: molto spazio all’ecologia (astratta), ai doveri, ai buoni sentimenti; assente ogni riferimento alla materia di cui siamo fatti – di cui siamo fatti noi, non i rifiuti riciclabili – e agli impulsi presenti nella natura umana (la gelosia che i bambini provano nei confronti dei fratellini l’ho trovata solo in un film di animazione giapponese: Mirai – commentato su questo sito). Le favole moderne, disegnate su libri patinati a cui non ci si può affezionare, quelle che ho visto, sono noiose come le prediche e non servono al bambino per cominciare a conoscere se stesso.

L’ultima versione cinematografica del Grinch ha perso la cattiveria che rendeva divertente l’originale (non mi riferisco al libro di dott. Seuss, che non conosco, ma alla sceneggiatura del film, di Jeffrey Price e Peter S. Seaman, e alla interpretazione di Jim Carrey).
La versione che sta girando nelle sale è un film di animazione e usufruisce della grande libertà di espressione consentita dai mezzi tecnici attuali, però assomiglia alle favole moderne disegnate su carta patinata: non morde.

Il film del 2000 era solo in parte un cartone animato, utilizzava l’interazione tra attori bravissimi e animazioni per realizzare scene che contraddicevano allegramente la legge di gravitazione universale.
Proprio all’inizio, quando s’introduce nell’ufficio postale per creare confusione, il Grinch lancia i regali nei cassetti con un semplice tocco, gli oggetti si spostano quasi senza toccarli.

Altro esempio: il padre della bambina, l’attore in carne e ossa, volteggia con leggerezza tra gli scaffali su una scala munita di ruote che si sposta quasi da sola, con un congegno che farebbe comodo ai magazzinieri delle grandi e grandissime aziende di vendite online.

La massa enorme di regali, che gli abitanti di Chinonsò continuamente si scambiano, finisce in discarica, poi, attraverso un percorso tortuoso in salita che fa rivoltare nella tomba Isacco Newton, raggiunge l’antro dove il Grinch ha trovato rifugio, in solitudine, insieme al cane Max, l’unico amico che, all’occorrenza, tratta malissimo.

Il Grinch riutilizza i rifiuti per costruire i suoi congegni; li riutilizza ma anche li mangia (si diceva della vita che entra nelle favole sotto forma di metafora).
Mangia di tutto, il vecchio Grinch: cibi andati a male (si vedono i vermi passeggiare tra i suoi denti), pezzi di vetro, oggetti metallici, i regali che i cittadini di Chinonsò buttano nella spazzatura, dopo esserseli scambiati in un parossismo consumistico che arriva a immaginare alberi di Natale giganteschi e gare di luminarie che impegnano le mamme al punto da lasciare soli i bambini.
Di questo soffre la piccola Cindy, che sembra la più intelligente, anzi l’unica intelligente tra gli abitanti di questo paese immaginario (?), situato all’interno di un fiocco di neve.

Nonostante non gli manchi nulla, o quasi, il Grinch soffre per la solitudine in cui si è chiuso fin da piccolo, dopo l’ultimo episodio di bullismo (autore: l’odioso Augustus, con la maestra e i compagni di classe che se la ridevano, tranne Martha).
Un motivo di sofferenza e di irritazione sono i canti natalizi continui (come dargli torto!) che giungono fino al suo antro dal paese di Chinonsò.
Si lava poco, il vecchio Grinch, i suoi calzini sono così sporchi che, quando li leva, camminano da soli.
Il Grinch attuale sembra un damerino; il primo si nutre solo dei prodotti della discarica, l’altro è un consumista qualunque che riempie di cose inutili il carrello della spesa tirato dal cane.
Che delusione! È diventato come gli altri.

È dispettoso, il Grinch attuale, dispettoso e antipatico.
L’originale non era dispettoso, era proprio cattivo (e molto simpatico).
Per non passare per buono era capace di tornare indietro e impacchettare la bambina che aveva inizialmente salvato. La bambina capisce che si tratta di uno scherzo, si diverte e non si lascia impressionare dalle apparenze: riesce a guardare in fondo all’animo umano. Ho già detto che è l’unica personcina intelligente, oltre al Grinch, geniale, in un paese di coglioni.

Per non farsi mancare nulla il film aveva anche una parte horror: il cambio di taglia del cuore, che, dopo Newton, faceva rivoltare nella tomba qualche luminare della fisiologia.

La bambina Cindy, l’unico abitante di Whoville sprovvisto di un naso esagerato (il sindaco assicura che si formerà crescendo), non era mai leziosa, al contrario di quella della versione più recente, odiosa come la sua amichetta iperlipidica.

È evidente che a me l’ultima versione non è piaciuta; gli autori potrebbero obiettarmi: per forza! Non sei un bambino.

Eh no, cari autori! A parte che non so se veramente la vostra versione della favola sia piaciuta ai bambini – all’ora in cui ho visto il film, in sala c’erano solo adolescenti e signore forse desiderose di sentire la voce di Alessandro Gassman (niente di particolare, niente se si paragona alla voce di Jim Carrey nel Grinch originale) – i veri capolavori per l’infanzia non solo non hanno età, ma si rivolgono a tutte le età.

Qualche esempio, come viene viene: Gulliver, Pinocchio, Alice e il suo Wonderland, i personaggi di Walt Disney, i peanuts di Charles M. Schulz, le favole dei fratelli Grimm, le poesie di La Fontaine – sulle quali il grande Fabrice Luchini ha fatto uno spettacolo proposto nelle scuole, ma anche nei teatri, ai ragazzi e agli adulti, ai vecchi – e tante altre opere dell’ingegno umano che in questo momento non mi vengono in mente, pensate, apparentemente, per i bambini, in realtà per tutti, opere che si possono leggere a vari livelli.

Per concludere riporto due battute che mi sembrano significative della perfidia, intelligente perfidia, del film con Jim Carrey (naturalmente nella versione edulcorata attuale queste due battute non ci sono).
Vado a memoria.

La bambina Cindy chiede a due vecchiette: «Com’è arrivato il Grinch a Whoville?»
Le due vecchiette danno una spiegazione infantile di come nascono i bambini; dicono, pressappoco: «Nelle notti serene i bambini e le bambine calano con l’ombrellino in un minuscolo cestino.»
Si vedono questi cestini con l’ombrellino calare sulla città; un cestino arriva davanti a una casa; un uomo, soddisfatto, contento, dice alla moglie, che è dentro: «Cara, è arrivato il nostro bambino».
Poi guarda bene nel cestino e, con un’espressione stupita, dice: «Com’è che somiglia tutto al tuo principale?».

Perfida e divertente.

Secondo esempio: la bambina Cindy non s’impaurisce, nonostante tutte le smorfie del Grinch. Le prova tutte, ma proprio non riesce a farle paura. Dopo vari tentativi si arrende e, guardando verso di noi, dice: «Bambini di oggi. Troppo desensibilizzati dal cinema e dalla televisione.»

Viva il Grinch di Jim Carrey!